Essere carenti di vitamina D in inverno non è affatto una rarità. La vitamina D liposolubile è importante non solo per avere ossa e denti sani, ma anche per prevenire le infezioni.
La vitamina D, a dispetto del nome che porta, sarebbe in realtà un ormone. Se esposto a condizioni favorevoli, il nostro organismo è in grado di produrla in autonomia. Il mondo della ricerca è molto interessato all’argomento, infatti continuano a essere pubblicati studi che ne esplorano le nuove funzioni. La vitamina D favorisce l’assorbimento di calcio e fosfato nell’intestino e l’assimilazione nelle ossa di entrambi i minerali, motivo per cui è essenziale per la salute delle ossa.
Numerosi studi dimostrano che un terzo delle fratture ossee negli anziani potrebbe essere evitato con il giusto apporto di vitamina D. Molti altri organi sono dotati di recettori della vitamina D, per esempio il cuore, il cervello e il sistema immunitario. Tali effetti aggiuntivi sono documentati da alcuni studi osservazionali in materia.
La sintesi cutanea è determinante per il giusto apporto di vitamina D: infatti, attraverso l’esposizione diretta ai raggi solari, il nostro corpo ne produce una quantità in grado di coprire dall’80 al 90 percento del fabbisogno giornaliero. L’alimentazione riveste invece un ruolo subordinato. La maggior parte dei cibi contiene una quantità di vitamina D minima o nulla, a eccezione degli alimenti arricchiti appositamente (p. es. latte, margarina, fiocchi di cereali per la colazione).
L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) raccomanda alle persone tra il terzo e il sessantesimo anno d’età di assumere 600 unità internazionali (UI) di vitamina D al giorno, pari a 15 µg. Dopo i 60 anni bisognerebbe assumere una quantità di 800 UI al giorno. Oltre questa soglia d’età, l’UFSP raccomanda di rivolgersi al medico di famiglia per concordare l’eventuale assunzione di integratori di vitamina D.
70 g |
coregone crudo |
125 g |
aringa |
180 g |
salmone (selvatico/di allevamento) |
240 g |
salmone affumicato |
360 g |
tonno crudo |
485 g |
spugnole/porcini freschi |
515 g |
uova di gallina intere, crude |
625 g |
tonno sott’olio, sgocciolato |
680 g |
tonno al naturale sgocciolato |
Fonte: Società Svizzera di Nutrizione (SSN)
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Nei mesi invernali il sole è troppo poco per assicurarne una produzione sufficiente. «L’emivita della vitamina D dura solo da tre a sei settimane, quindi nemmeno un’estate baciata dal sole ci aiuta durante l’inverno», afferma Heike Bischoff-Ferrari, esperta svizzera di vitamina D presso l’ospedale universitario di Zurigo. In Svizzera, da novembre a fine aprile c’è troppo poco sole per fornire sufficiente vitamina D alla nostra pelle. «Durante l’inverno, la carenza di vitamina D è pertanto particolarmente pronunciata e interessa tra l’altro oltre il 50 percento delle persone, indipendentemente dall’età.»
Spesso sono interessate da tale carenza anche le persone con obesità grave, in quanto immagazzinano la vitamina D per lo più nel tessuto adiposo. A queste si aggiungono le categorie di persone che escono di casa raramente, le donne in gravidanza e chi soffre di malattie renali ed epatiche croniche. Questi ultimi, che spesso soffrono di infezioni, dovrebbero rivolgersi a un medico per verificare i livelli di vitamina D.
Ulteriori gruppi a rischio sono: neonati, bambini, donne che allattano, persone anziane e persone affette da malattie croniche.
I sintomi di una moderata carenza di vitamina D, piuttosto frequente durante i mesi invernali, sono spesso aspecifici. Una maggiore vulnerabilità alle infezioni, debolezza muscolare, stanchezza, calo delle prestazioni, cattivo umore o disturbi del sonno potrebbero essere dei segnali in questo senso.
Una marcata carenza di vitamina D causa il rachitismo (deformazione scheletrica) nei bambini e l’osteomalacia (fragilità ossea) negli adulti.
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In estate (da giugno a settembre) le persone tra 3 e 60 anni che stanno regolarmente all’aria aperta non hanno bisogno di integratori di vitamina D. Il sole è abbastanza forte da permettere una produzione di vitamina D adeguata al fabbisogno già solo con una breve esposizione della pelle (viso e mani per circa 20 minuti al giorno). In inverno invece la quantità di vitamina D prodotta dal nostro organismo non è sufficiente.
«A oggi è comunque consigliabile correggere gli stati di carenza vitaminica», spiega Bischoff-Ferrari. Soprattutto in inverno. Per orientarsi basta seguire le raccomandazioni dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). La vitamina D è disponibile in commercio in compresse o in gocce. 600 UI corrispondono a 15 microgrammi di vitamina D.
Anche il solarium può stimolare la nostra produzione fisiologica di vitamina D durante l’inverno. Purtroppo, però, sono più gli svantaggi: le lampade abbronzanti favoriscono l’invecchiamento della pelle e l’insorgere di pericolosi melanomi, già oggi una delle cause più temute di mortalità tra i giovani adulti.
Come assumere vitamina D in inverno:
Recenti studi scientifici ipotizzano che la vitamina D debba sempre essere integrata con la vitamina K. Entrambe le vitamine liposolubili rivestono un ruolo centrale nella formazione ossea. È stato osservato che nelle donne in postmenopausa la densità ossea è maggiore se si assume una combinazione di queste due vitamine. Prima di poter formulare delle raccomandazioni precise sono però necessari ulteriori studi.
L’esposizione al sole o l’alimentazione non provocano un sovradosaggio di vitamina D. Un rischio che aumenta invece se si assume un mix di integratori di questa vitamina e se non si seguono le dosi consigliate. La conseguenza è un livello di calcio troppo elevato nel sangue, che può provocare aritmie cardiache, calcoli renali o persino un’insufficienza renale.